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(Testo tratto dal libro "Le chiese dell'antica Pieve di san Giovanni Battista nella Valle del Biois - Documenti di storia e d'arte" di Loris Serafini e Flavio Vizzuti)

Quando a Venezia veniva solennemente consacrata la basilica della Beata Vergine della Salute, il 9 novembre 1687, il sacerdote veneziano Giovanni Olmo decideva in cuor suo di lasciare la città natale per trovare un po’ di pace tra i monti dell’Alto Bellunese, scegliendo la Pieve di Canale come sua futura patria. Secondo quanto scrive don Filippo Carli ne “Il Celentone”, il giovane sacerdote – aveva infatti solo venticinque anni – si era innamorato del villaggio di Caviola, decidendo di stabilire la sua dimora a Canale, probabilmente presso il pievano. Per il suo sostentamento riuscì ad acquistare dei fondi che gli fruttarono un capitale di censo abbastanza alto da poter vivere autonomamente. Nei primi anni del Settecento si fece tuttavia promotore – insieme alla Regola di Sappade-Caviola – dell’istituzione di una nuova mansioneria da annettersi a una costruenda chiesa che egli voleva dedicare alla Beata Vergine della Salute, sia per l’affetto che nutriva per la sua città natale, sia per offrire ai fedeli un nuovo santuario presso cui invocare la protezione di Maria contro le numerose malattie ed epidemie che colpivano indifferentemente bambini e adulti. Così il sacerdote mise a disposizione tutto quanto possedeva per la costituzione del capitale e per l’erezione di una nuova canonica.
Il 25 settembre 1712 la Regola di Sappade-Caviola decise di dare inizio alla costruzione di una nuova chiesa, inviando Iacomo del Fent a Canale dal notaio Silvestro Nardi il 6 febbraio 1713 per sottoscrivere l’impegno di costruire una chiesa “…in loco detto Coi da Colaz sopra la villa di Caviolla”, con “balle affermative n° 52 e negative n° 4”. La decisione definitiva fu comunque presa dalla Regola in una parte (seduta) del 27 marzo 1713 (1) e il 20 aprile i Regolieri scrivevano al vescovo la seguente lettera: “Genuflessi a piedi di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, li Regolieri di Caviola e Sappade espongono humilissimamente col mezo di noi infrascritti deputati alla di Lei pastorale carità il loro desiderio di fabricare a magior gloria del Signor Iddio ed a loro beneficio spirituale una chiesa di quella grandezza ed in quel sito che più paresse alla di Lei riverita Autorità, come pure di istituire una mansionaria da essere essercitata da un sacerdote che doverà essere confermato da Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima e dalli suoi sucessori. Già col di Lei generoso beneplacito hanno proveduti i materiali che potranno occorrere per detta fabrica et oltre l’assignamento ch’è pronto fare il sacerdote don Giovanni Olmo, habitante in Canale di ducati sessanta annui, si sono anco obligati molti delli predetti Regolieri a contribuire come nella vachetta, che Le humiliamo la somma di lire 50, e ciò per conveniente mercede al sudetto mansionario, il quale sarà anche proveduto di conveniente habitatione dagli stessi Regolieri e manteniranno tutti li predetti capitali per la perpetua indennità della suddetta mansionaria. Sarà anche pronta la stessa Regola di detti luoghi ad obligarsi sopra li beni suoi presenti e venturi a mantenere in colmo et in concio e provedere delle necessarie suppellettili et illuminatione la detta chiesa e ad esseguire qualunque ordine e decretto tanto in Visita, che fuori, di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima e delli suoi successori. Implora pertanto dalla Sua pastorale clemenza la benigna permissione di poter dar principio a detta chiesa giusto il dissegno che doverà prima essere admesso alla di Lei autorità e di poter erigere la suddetta mansionaria con quelle formalità, emolumenti et obligationi respettive che saranno prescritte da suoi venerabili decretti con dichiaratione anche di non mai interferire alcun benché minimo pregiudicio al ius parocchiale o alla Parocchia. Compenseranno li predetti Regolieri questa speciosissima gratia col pregar sempre Dio che conservi, prosperi ed esalti la zelantissima Sua persona, alla quale pienamente rassegnati ci prostriamo.
Di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima
Humilissimi servi e sudditi supplicanti
Antonio Costa, Alessio Marmolada, Silvestro Fenti, io Nicolò Pescosta, io Giacomo Di Mio Caviola, Battista de Romanel, Mario de Zulian, Pietro da Rif” (2).
La risposta del prelato fu comunicata qualche giorno dopo dal cancelliere: “L’illustrissimo e reverendissimo vescovo, veduta e maturamente considerata la retroscritta riverente supplica presentata da messer Antonio Costa, da messer Alessio Marmolada, per nome anche dei deputati della Regola di Sappade e Caviola loro colleghi…debbano essi deputati fondamentar la cosa espressa in detta supplica e che la medesima sia trasmessa al reverendo Pievano di Canale Vicario Foraneo, perché sia sopra la stessa la di lui opinione et osservato personalmente il sito dove intendono fabricare la nuova chiesa e considerata la quantità del popolo di detti due luoghi, render informata la Signoria Illustrissima della lunghezza e larghezza che dovrà havere la stessa chiesa con quel di più che sarebbe da considerarsi, anche in ordine della mansioneria, come in detta supplica…” (3). A detta del pievano di Canale Antonio Fossa la chiesa doveva essere “lunga almeno passi dieci, compreso il presbiterio, e larga cinque, giusto il disegno (4)” e sarebbe stata “…della misura circumcirca della chiesa di San Rocco di Celat. Haverà l’altar maggiore a mattina, li due altri laterali, uno a mezzogiorno, l’altro a settentrione. A mezzogiorno parmi che fusse pure da erigersi la sacristia con la porta corrispondente al presbiterio sopraddetto. Pensarebbero li Regolieri di detti luoghi, oltre la porta maestra verso sera, di farne due altre, una a mezzogiorno e l’altra d’impetto a settentrione…” (5).
L’assenso del vescovo fu determinato dal fatto che i Regolieri si impegnavano a mantenere la propria chiesa e che gli abitanti di Caviola e di Sappade – che erano circa 600 – avevano bisogno di un sacerdote vicino che soccorresse i moribondi e amministrasse i sacramenti agli infermi.
Per questo motivo tale era l’entusiasmo dei Regolieri per la nuova costruzione che non attesero neppure il permesso del doge e quando il pievano di Canale fece ritorno in paese verso la fine di luglio del 1713, trovò che essi avevano già iniziato la costruzione. Rimproverati per l’infrazione si resero perfino disponibili a distruggere quanto costruito fino ad allora – ossia le fondamenta dell’abside – purché giungesse il nulla osta della Serenissima. Così fu mandato a nome della Regola Antonio Costa a domandare il condono al vescovo. Il 6 agosto 1713 – su mandato vescovile – il pievano Antonio Fossa poneva la prima pietra del nuovo edificio alla presenza di tutti i mansionari della Pieve e di molti parrocchiani presenti al sacro rito. Nell’autunno dello stesso anno i lavori subirono un arresto perché non c’era più denaro sufficiente. Il vescovo permise allora agli abitanti di Caviola e di Sappade di effettuare una raccolta di denaro in tutti i paesi dell’Agordino. I lavori ripresero dunque nella primavera successiva e nell’autunno del 1715 la chiesa era pronta. Tuttavia prima di concedere al pievano di Canale il permesso di benedirla, il mons. Francesco Bembo pretese dai Regolieri che nel giro di pochi mesi fosse realizzato il pavimento, procurate due acquasantiere e che l’altare fosse pronto. Così il 14 ottobre 1715 il pievano Fossa procedeva alla solenne benedizione e apertura del sacro edificio alla presenza di tutto il clero della Pieve e di molti fedeli.
La prima festa patronale fu celebrata il 21 novembre 1716. Le condizioni per poterla celebrare le dettò ancora una volta il vescovo il 18 novembre dello stesso anno. Tra i vari ordini emanati dal prelato c’erano quelli di costruire un campanile, di eleggere “un monaco di buoni costumi”, di costruire un confessionale e che al mansionario fosse subito provvista un’adeguata abitazione (6).
Nel 1724 non erano tuttavia ancora stati completati il campanile e il pavimento della chiesa. Per il compimento della costruzione doveva concorrere anche la frazione di Sappade, che però ritardava. La Visita pastorale del vescovo Valerio Rota fu l’occasione per stilare un primo inventario delle suppellettili a nostra conoscenza. Tra le varie vengono ricordate tre pianete, sei tovaglie, un calice con la sua patena, una piccola pisside per gli infermi, un vasetto per l’olio santo, una lampada grande e una piccola davanti al crocifisso, tre crocifissi di legno, una croce di ottone, un feràl (lanterna) (7). In chiesa c’erano otto banchi, di cui uno del mansionario don Giovanni Olmo, esistente ancora oggi (8). Il vescovo, al termine della Visita, dava ordine di sistemare in maniera più dignitosa l’armadio della sagrestia, eseguito nel 1715, e che la tradizione vorrebbe attribuire allo scultore di Caviola Giovanni Marchiori (vedi scheda del catalogo) (9).
Il 31 agosto 1731 il vicario generale di Bressanone Ferdinando Giuseppe Gabriel benediceva la prima campana dedicata a santa Maria madre di Dio con il permesso del vescovo di Belluno Gaetano Zuanelli, ottenuto dalla Regola di Caviola nel 1745 venne fusa anche un’altra campana più piccola nella fabbrica Grassmayer di Bressanone (10). Il 5 agosto 1732 lo stesso prelato procedeva alla solenne consacrazione della nuova chiesa, fissando nei secoli a venire quel giorno come la sagra del paese (11).
La chiesa ormai era quasi completata, ma mancavano ancora gli altari laterali. Così il 31 maggio 1743 il vescovo Domenico Condulmer concedeva alla Regola di Sappade-Caviola di poter erigere un nuovo altare da dedicare a san Giovanni Nepomuceno e a san Silvestro papa, “per special devotione di essi Regolieri” (12).
Il 12 luglio 1746 viene compilato da misser Domenego Valt e da misser Appolonio di Andrich per conto della Regola un nuovo inventario delle suppellettili della chiesa (13) . Tra gli oggetti più preziosi, incontriamo dei nuovi acquisti, ossia un cesendelo (14) , due vasi da fiori e una croce d’argento; tra gli oggetti di ottone sei candelieri, tre cesendeli (di cui uno posto al centro della chiesa davanti al crocifisso posto sotto l’arco di trionfo), una croce per l’altare, un turibolo con navicella e una pace. Le pianete erano salite al numero di sette: sei da vivo e una da morto. C’erano poi un piviale e alcuni camici, tovaglie, un paio di veli omerali e un ombrello per accompagnare il Viatico per i moribondi e da altri fazzoletti di lino. Spesso l’esecuzione dei paramenti più semplici era affidata a sarti locali, come Giovanni De Ventura o Marietta De Toffoli che, una settantina di anni più tardi li troviamo come autori di stole o purificatoi (15). C’era pure un gonfalone di colore rosso che raffigurava la Beata Vergine della Salute, conservato in un apposito armadio. Durante la dottrina cristiana – che veniva spiegata dal mansionario la domenica dopo la messa – veniva esposto un crocifisso chiamato “crocefisso per la dotrina”.
Il 30 aprile 1752 – con 22 voti favorevoli e 7 contrari –la Regola di Sappade-Caviola decide di indorare l’altare maggiore della chiesa. La doratura avvenne quasi certamente per opera dello scultore e indoratore Fioravante Costa di Taibon che in quello stesso anno indorò pure gli altari della chiesa di Garés e di quella di Celat (16). Due anni più tardi il vescovo Giacomo Costa, in Visita nella Pieve di Canale, concesse agli abitanti di Caviola di esporre la reliquia del latte miracoloso della Beata Vergine il giorno della sagra, il 5 agosto di ogni anno (17).
Un nuovo altare laterale, dedicato al martire san Fermo fu eretto nel 1766, in seguito alla concessione rilasciata alla Regola dal vescovo Sandi, mentre alcuni anni più tardi, il 23 maggio 1785 fra Bernardino da Crespano Quarto dei Minori Riformati, concedeva all’arciprete di Canale Antonio Solveni di erigere nella chiesa la Via Crucis, affidando l’esecuzione del decreto a fra Domenico di Auronzo (18). Nello stesso anno giungeva da Roma un breve pontificio di Pio VI con il quale l’altare maggiore veniva decretato “privilegiato” (19).
Nel 1788 il massaro uscente Antonio Fenti compila e consegna al nuovo sagrestano Antonio Del Din detto Luca l’ultimo inventario prima delle requisizioni napoleoniche del 1797 (20), in cui veniamo a conoscenza dell’esistenza pure di un reliquiario d’argento per il quale fu costruita pure un altro ombrello liturgico, di un ulteriore lampada, di una nuova croce e di altri dieci candelieri di ottone. Nell’inventario è citato pure un crocifisso presso l’altare di San Fermo, una pilla di pietra per contenere l’olio per le lampade (fornito da Venezia (21)) e un ferale per il Sacramento (22).
Proprio mentre i soldati di Napoleone nel 1797 sequestravano l’argenteria, la chiesa e la sacrestia furono oggetto di un restauro (23). Un nuovo furto avvenne otto anni più tardi, nel luglio del 1805. Per i restauri dei danni causati dai ladri – che ammontarono a 40 lire – fu chiamato Domenico Costa, che restaurò la sacrestia, attraverso la quale erano entrati i ladri (24).
Verso il 1834 il campanile, che versava in condizioni pietose, fu ricostruito assumendo la forma attuale e nel 1847 fu restaurato il tetto (25). In seguito a questi lavori anche l’antica pala di Giovanni Fossa del 1717 – donata da uno dei più zelanti fondatori della chiesa, ossia Silvestro Fenti (vedi scheda del catalogo) – venne sostituita con una statua della Beata Vergine di Giovanni Matteo Rungaldini di Sankt Ulrich/Ortisei in Val Gardena (26).
Restauri di vario genere furono eseguiti nel 1839, nel 1857 e tra il 1887 e il 1893, grazie all’interessamento del mansionario e dei fabbricieri. In particolare nel 1857 l’imbianchino di Canale Antonio Della Giacoma rifece l’intonaco interno ed esterno della chiesa e del campanile e smaltò l’orologio (27). In quell’anno nella chiesa furono trasportati due dei vecchi dossali d’altare della chiesa arcipretale di Canale e precisamente quello dell’altare del santissimo Sacramento – con la tela della Beata Vergine del Rosario (vedi scheda del catalogo) – e quello dell’altare del Purgatorio, nel quale fu inserita la tela di san Fermo (vedi scheda del catalogo della chiesa parrocchiale di Caviola). Per l’altare del rosario il pittore Pietro Antonio Andrich (1835-1904) dipinse il paliotto di san Giovanni Nepomuceno e di san Silvestro per ricordare i santi il cui altare fu demolito e sostituito appunto con quello del Rosario. L’anno successivo lo stesso pittore dipinse il grande quadro dei patroni della Pieve di Canale, appeso sopra la porta centrale (vedi scheda del catalogo).
La chiesa era dunque in ottime condizioni quando vi giunse nel 1899 il nuovo mansionario don Antonio Della Lucia che, stanco dei suoi 38  anni come arciprete di Canale, aveva chiesto di ritirarsi a vivere i suoi ultimi giorni a Caviola. Tuttavia anche nella sua vecchiaia il fecondo e coraggioso sacerdote volle operare qualche lavoro. La piccola torre campanaria aveva due campane, ma mancava il concerto della terza. Così don Antonio iniziò le pratiche per l’acquisto di una nuova campanella, consacrata nel 1902 dal vescovo di Belluno Francesco Cherubin e acquistata dalla ditta De Poli di Udine. Il sacro bronzo costò 1095,60 lire, raccolte dalle offerte dei fedeli dal vecchio mansionario don Antonio Della Lucia, che si interessò all’affare (28). L’anno seguente venne rinnovato il gonfalone della chiesa, acquistato presso la ditta Giuseppe Morera di Novara e raffigurante la Beata Vergine della Salute sul recto e san Giuseppe sul verso (29). Alla morte del benemerito Della Lucia, subentrò il mansionario don Augusto Pellegrini, che si fece promotore di nuovi lavori – eseguiti tra il 1907 e il 1914 – che videro il completo restauro dell’altare maggiore con la pesante doratura tuttora visibile, effettuata nel 1909 da Giuseppe Garizzo e da Michele Codognato con l’assistenza del falegname Fortunato De Mio. Gli operai addetti ai lavori furono Francesco e Antonio Ganz, Celeste De Biasio, Valentino De Mio, Giovanni Battista Valt, Antonio Busin Todesch e il pittore Luigi Pellegrinon con l’assistenza del fabbriciere Antonio Busin. Per pagare i lavori molti fedeli del villaggio – soprattutto donne – si privarono di preziosi oggetti d’oro, d’argento e di perla, quali croci, orecchini, stelle, aghi, medaglie, braccialetti (30).
Alla fine della Grande guerra, nonostante le molte perdite e la disgregazione del tessuto sociale, Caviola era uno dei paesi che si era incrementato demograficamente. I fedeli sentivano dunque l’esigenza di avere una cura spirituale più efficace. Così il 10 gennaio 1920 il vescovo Giosuè Cattarossi concedeva alla chiesa il permesso di conservare l’Eucaristia (31).
A causa della requisizione delle campane da parte dei soldati austriaci – avvenuta l’8 aprile 1918 – Caviola era rimasta senza il suono dei sacri bronzi. Così le venne in soccorso la chiesa pievanale di Canale che nel 1920 prestò la campana più piccola alla chiesa filiale fino all’arrivo delle nuove campane, che furono benedette il 5 ottobre 1922. Erano state fornite dal Ministero delle Terre Liberate e dedicate alla Madonna della Salute, al santissimo Sacramento e a santa Veneranda, i cui “padrini” e “madrine” furono rispettivamente Domenico Cappello e Benedetto De Mio, Evaristo Zender e Maria Fenti Costa, Margherita Fenti Costa e Paola Costa di Vigilio. I tre bronzi avevano rispettivamente il peso di 350, 220 e 170 chilogrammi (32).
La popolazione intanto continuava ad aumentare, rendendo la chiesa sempre più piccola per le esigenze del villaggio. Così tra il 1929 e il 1932, per iniziativa del mansionario di Caviola Giovanni De Mio e dell’arciprete di Canale Filippo Carli, l’edificio sacro fu allungato di otto metri: vi furono annesse due cappelle laterali e venne allargata la sagrestia. La motivazione venne pubblicata dall’arciprete Filippo Carli ne “Il Celentone” dell’aprile 1929: “La chiesa di Caviola è tante volte incapace di contenere la gente…risulta troppo piccola e molti devono ascoltare la messa stando di fuori” (33). Il tempio raggiunse pertanto i 215mq di superficie contro i 130mq della chiesa primitiva (34). Anche il campanile fu totalmente restaurato per iniziativa dell’arciprete di Canale mons. Augusto Bramezza e del mansionario don Giovanni De Mio tra il 1936 e il 1940 (35).
Ormai si faceva sempre più strada l’idea – promossa da don Filippo– che Caviola dovesse essere eretta a parrocchia autonoma, in quanto il pievano non riusciva più a rispondere in maniera adeguata alle esigenze dei parrocchiani. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la distruzione del paese per opera del fuoco nazista del 20 e 21 agosto 1944 rallentò il processo, che fu però portato a conclusione con un decreto vescovile del 31 dicembre 1950 con cui Caviola veniva smembrata definitivamente dalla Pieve di Canale e don Celeste De Pellegrini veniva nominato primo parroco.
Tuttavia pochi mesi dopo l’erezione della chiesa al titolo di parrocchiale l’edificio venne seriamente compromesso nella sua staticità da un’alluvione dell’autunno del 1951, che costrinse le autorità alla sua chiusura, ovviando alle esigenze dei fedeli con la costruzione di un capannone provvisorio dove venivano svolte le funzioni parrocchiali. Il paese si divise allora in due: chi voleva abbandonare al suo destino la vecchia chiesa – o addirittura abbatterla per costruire con i suoi resti recuperati una cappella per un nuovo cimitero – e chi voleva invece restaurarla e mantenerla come santuario a ricordo dei tempi passati. Nel frattempo la Soprintendenza ai Monumenti di Venezia si sobbarcò le spese del restauro, imponendo tuttavia di riportare l’edificio alle dimensioni originarie, ossia a quelle precedenti al 1930 (36). Durante i restauri – iniziati nel 1957 e conclusisi praticamente nel 1960 – le campane e l’orologio rimasero fermi, riprendendo il loro ritmo il 21 novembre 1960 (37).
Un successivo restauro avvenne nel 1969 per ordine della stessa Soprintendenza (38).
Nel 1975 il pittore A. Maraga donò alla chiesa un ritratto del gesuita Felice Cappello (1879-1962).
Gli ultimi lavori avvennero tra il 1994 e il 1997 grazie all’interessamento del parroco don Giuseppe De Biasio. Il rifacimento del tetto fu eseguito dalla ditta Marmolada di Caviola, mentre gli intonaci furono restaurati dalla ditta De Cian Albino di Sedico su progetto dell’ing. Duilio Scardanzan.

Fin dalla costruzione della chiesa fu incaricata una persona, dalla vila di Caviola, a svolgere le mansioni di sacrestano. Il sacrista era tenuto a rispettare uno statuto di cui ci è giunto solo un esemplare del 1833, da cui si desume che egli era tenuto “a servire ed obbidire il reverendissimo signor arciprete di Canale in tutto ciò che riguarda le funzioni di chiesa”; a prestare servizio agli altri sacerdoti della Pieve e forestieri che avrebbero frequentato la chiesa; a suonare le campane ad ogni messa, secondo il grado gerarchico di chi l’avrebbe celebrata e tutte le Ave Marie tre volte al giorno; a raccogliere le offerte durante la messa; occuparsi della manutenzione ordinaria degli arredi. Aveva inoltre l’obbligo di essere presente a ogni messa e celebrazione fino al termine di ciascuna, di assistere ai matrimoni celebrati nella sua chiesa, di accompagnare il sacerdote che portava il viatico agli infermi; doveva aprire e chiudere la chiesa, tenerla pulita, addobbare gli altari per le solennità e le feste e, al termine delle funzioni, “…riporre gli addobbi, tovaglie od altro nel serbatoio…” perché non venissero “danneggiati dai sorci od altri insetti”, dopo averli puliti e lucidati. Era anche tenuto a“…recitare il rosario all’ora solita, cioè tre ore avanti note e nei giorni stabiliti, principiando tutta la quaresima e nei giorni festivi di precetto e di divozione fino la domenica del Rosario di ciascun anno…” (39). Quando nevicava aveva l’obbligo di “…sgombrare dalla neve la strada dalla sommità della riva a mattina e fino alla strada, dalla porta a sera alla strada…”. Era responsabile della custodia del campanile e delle campane: nessuno poteva azzardarsi a salire la torre senza il suo permesso e ogni giorno doveva preoccuparsi di caricare l’orologio meccanico (40). Con le campane poi doveva dare i segni dell’avvicinarsi di una probabile tempesta, “sonà i ségn” per avvisare della morte di qualche persona di Caviola o Sappade e suonare a festa la vigilia di San Giovanni Battista, patrono dell’intera Pieve di Canale. Si doveva inoltre preoccupare della biancheria di sacrestia, cioè dei camici, amitti, purificatoi, ecc., che dovevano essere sempre puliti. Il sapone gli veniva fornito dalla Fabbriceria di Canale. A lui spettava il compito di accendere le lampade della chiesa su ordine della Fabbriceria di cambiare la cera ai candelieri e di portare il gonfalone nelle processioni. Come stipendio, poteva contare annualmete sulle 47 lire austriache e 43 centesimi, che gli venivano somministrate in rate trimestrali posticipate dal conto della chiesa di Caviola, tramite la Fabbriceria; su una lira e mezza percepita dalla chiesa di Sappade il 3 maggio per la processione di Santa Croce o in altre occasioni simili; sulle 10,29 lire pagate dalla cassa comunale della frazione di Caviola per la manutenzione dell’orologio, su un quartarol di sorgo e di altra biava a piacer dei contribuenti ed una libbra di farina di sorgo di ciascuna famiglia dei villaggi di Caviola, Marmolada e Pescosta; su una libbra di sorgo che gli veniva corrisposta dalla famiglia del defunto che gli commissionava di suonare i ségn per la morte di un congiunto. Inoltre poteva vantare il diritto di una questua volontaria nel villaggio di Caviola durante il suono della vigilia della festa di San Giovanni Battista e poteva pretendere per ogni matrimonio 35 centesimi dalla sposo per l’assistenza fornita alla celebrazione (41). Il salario non doveva essere tuttavia troppo soddisfacente se nel 1854 il monec Pietro De Mio chiedeva alla Fabbriceria l’aumento annuo di almeno 100 lire, pena il suo licenziamento (42). La figura del sagrestano venne a mancare con la morte di Angelo Busin, nel 1994, l’ultimo sacrista assunto dalla parrocchia per tali servizi.

Fino agli inizi del XVIII secolo la popolazione di Caviola aveva come unico riferimento religioso la Pieve di san Giovanni Battista di Canale, a cui si recava per ogni necessità spirituale. L’arciprete di Canale o un suo vicario giungeva a Caviola per celebrare la messa solenne il 5 agosto, anniversario della consacrazione della chiesa, e il 21 novembre, festa della Beata Vergine della Salute, patrona del villaggio (43). Per queste due messe l’arciprete percepiva 17,04 lire (44).
La popolazione sentiva pertanto l’esigenza di avere un proprio mansionario residente, soprattutto dopo l’arrivo di don Giovanni Olmo che ne incoraggiò l’idea. Verso il 1709 Pasqua de Zulian lasciò in eredità a don Olmo alcuni terreni, che il sacerdote impiegò per la costituzione del nuovo beneficio e per l’edificazione della chiesa. L’istituzione della mansioneria fu decisa lunedì 27 marzo 1713 “nel loco detto a Salpiàn, loco predistinatto dalli sudetti Regolieri et presenti li sudetti Regolieri di Caviola e Sappade e da essi ben e legitimamente inteso” (45). Il beneficio – costituito nel giro di pochi mesi – veniva dunque a possedere 22 terreni (15 campi, 6 prati e 1 mandra) e a godere un’ottantina di rendite fornite da campi, prati, boschi e mandre, di proprietà di singole famiglie che avevano impegnato parte dei propri raccolti per costruire la chiesa e la canonica e per mantenere un sacerdote residente, come fece “messer Bastian quondam Gerolamo De Romanel, che impegnò un capitale di  100 lire e l’alicura sopra un campo et prado loco detto A Palùe (46)”, o “donna Ulliana, vedova del quondam Bortolamio Pescosta, che impegnò un “capitale di 25 lire fondato sopra campo di calvie  una loco deto Ronchediéi” (47). Don Giovanni Olmo acquistò poi alcuni campi e terreni in favore del beneficio, chiedendo in cambio alla Regola di celebrare ogni anno delle messe per la sua anima e quella dei suoi parenti perpetuis temporibus (48) e diventando – dal 1715 al 1728 – il primo mansionario di Caviola. Per ricordare ai posteri il suo intervento in favore della costruzione della chiesa, don Giovanni fece porre sullo scranno del mansionario il proprio stemma, che si può ammirare ancora oggi nel coro della chiesa.
La mansioneria poteva contare su una rendita di 110 ducati all’anno e fruttava uno stipendio di 675 lire annue per il mansionario. Il vescovo stabilì che il mansionario doveva esercitare la cura d’anime nel territorio della Regola di Sappade-Caviola e aiutare l’arciprete di Canale nelle confessioni alla Pieve, insegnare la dottrina cristiana. Il mansionario doveva inoltre celebrare delle messe anche a Sappade – cosa che non sempre accadeva, dal momento che i Regolieri nel 1717 se ne lamentavano con il vescovo. In cambio i Regolieri dovevano assicurare al mansionario il vino, le ostie e le candele per la messa e fornirgli una canonica entro tre anni dal 1715, pena la sospensione del servizio (49).
Per definire in maniera chiara i rapporti tra la Regola e il mansionario, fu steso uno statuto – confermato il 15 marzo 1770 dal vescovo di Belluno Giovanni Battista Sandi. Lo statuto prevedeva, tra i vari, i seguenti obblighi. Il mansionario doveva essere eletto dalle frazioni di Caviola, Sappade e Valt con almento il 51 per cento dei voti; doveva abitare nella canonica della Regola, celebrare la messa ogni giorno feriale “ad un hora suonata l’Ave Maria”, mentre nei giorni festivi “tre ore dopo suonata l’Ave Maria”; confessare e comunicare i penitenti che lo richiedevano in qualunque momento sia nella chiesa di Caviola che alla Pieve di Canale, quando richiesto. Inoltre nei giorni festivi era tenuto, dopo la celebrazione della messa, “assistere alla dotrina cristiana per una sola ora e fare anche il catechismo dei piccoli fanciulli mezz’ora, ma ciò con espressa licenza dell’arciprete di Canale, né mai potrà stazionare in modo che possa essere impedito il concorso alla Dottrina ed estrazioni catechistiche alla Parrochiale”; a celebrare per i benefattori della mansioneria 205 messe all’anno e 25 messe di legato. Una volta al mese e i giorni 3 maggio e 14 settembre doveva recarsi a celebrare la messa nella chiesa di Sappade. In cambio la Regola gli fissava annualmente la paga. Quest’ultima si aggirava sulle 303 lire nel 1789 (50), mentre nel 1838 erano mille. Lo stipendio proveniva dagli introiti delle messe di legato, dagli affitti dei campi del beneficio – che rendevano frumento, sorgo e segala –, dalle 120 messe libere a sua disposizione e da una questua che egli poteva effettuare nei villaggi di Caviola, Sappade e Valt una volta all’anno (51).
L’abitazione aveva pure un orto annesso e un piccolo giardino delineato all’ingresso da due voluminosi alberi disposti ad arco. Così viene descritta da un perito nel 1900: “Lo stabile di cui sopra è addossato ad un terreno in pendio ed ha un unico ingresso dalla parte più bassa, cioè a mezzogiorno. Esso consta del piano terra con salotto d’intrata, stufa o tinello, cantina ed altra stanza ad uso magazzino; di un altro piano composto di salotto, cucina, due stanze ed una stufa. Sopra la soffitta coperta a scandole con attiguo camerino” (52). La vecchia canonica fu incenerita il 21 agosto 1944 segnando la fine di un capitolo e aprendone uno nuovo per il villaggio di Caviola, che si stava ormai preparando a costruire la sua nuova parrocchia.

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(1) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, fondazione, 1713-1716, busta 26N/1; AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti istitutivi, 1713-1715, busta 129/1; AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Atti istitutivi, 1713-1715, busta 72/13.

(2) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1713-1716, busta 26N/1.

(3) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti istitutivi, 1713, busta 129/1.

(4) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti istitutivi, 1713, busta 129/1.

(5) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1713-1716, busta 26N/1.

(6) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1713-1716, busta 26N/1.

(7) AVBL, Visita pastorale vescovo Valerio Rota – 1724, busta 18/9, fasc. I, cc. 1r-2r. Una prima stesura dell’inventario era stata fatta l’anno precedente. AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1723, busta 26N/1.

(8) I due banchi posti a sud erano proprietà di messer Giacomo Di Mio Caviola e di messer Battista quondam Giacomo dei Fenti; i sei banchi a nord erano posseduti da misser Antonio da Costa, Battista quondam Michiel dei Fenti, Silvestro dei Fenti, don Zuanne Olmo mansionario, Polonio d’Andrich, Nicolò quondam Piero Pescosta. AVBL, Visita pastorale vescovo Valerio Rota – 1724, busta 18/9, fasc. I, c. 4r.

(9) AVBL, Visita pastorale vescovo Valerio Rota – 1724, busta 18/9, fasc. VI, c. 1v.

(10) AAC, Fabbriceria, Gestione di edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, benedizione nuova campana, 1731, busta 72/13; AVBL, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1743, busta 26N/1.

(11) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Atti istitutivi, 1732, busta 72/13; AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1732, busta 72/13; AVBL, Visita pastorale vescovo Gaetano Zuanelli – 1732, busta 20/4, fasc. II, p. 5.

(12) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1743, busta 72/13; AVBL, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1743, busta 26N/1.

(13) AAC, Inventari e catastici, Inventario dei beni mobili della chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1746 busta 133/11.

(14) Lampada pensile.

(15) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 39v, anno 1805, busta 135/6.

(16) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1752, busta 72/13; AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1752, busta 26N/1.

(17) AVBL, Visita pastorale vescovo Giacomo Costa – 1754, busta 21/11, fasc. I, p. 53.

(18) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1766, busta 72/13.

(19) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1785, busta 26N/1.

(20) “31 detto [dicembre]: per carato spese per soministrar l’argentaria ai Francesi lire 7,00”. AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 28, anno 1797, busta 135/6.

(21) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 28, anno 1797, busta 135/6.

(22) AAC, Inventari e catastici, Inventario dei beni mobili della chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1788, busta 133/10.

(23) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 26 anno 1797, busta 135/6.

(24) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 39v, anno 1805, busta 135/6.

(25) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1834; 1847, busta 72/13.

(26) Vazza C., Storia e arte nella chiesa della B. V. della Salute di Caviola, Falcade, 1986, p. 12.

(27) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1857-1893, busta 72/13.

(28) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Acquisto nuova campana, 1902, busta 72/13.

(29) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Acquisto gonfalone, 1903, busta 72/13.

(30) AAC, Fabbriceria, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1907-1910, busta 72/13.

(31) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1920, busta 26N/1.

(32) AAC, Il Celentone, bollettino parrocchiale di Canale d’Agordo, novembre 1922.

(33) AAC, Il Celentone, bollettino parrocchiale di Canale d’Agordo, aprile 1929.

(34) Vazza C., Storia e arte nella chiesa della B. V. della Salute di Caviola, Falcade, 1986, p. 8.

(35) AAC, Fabbriceria, Gestione di edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, 1936-1940, busta 72/13.

(36) AVBL, Parrocchie, Caviola, 1950-1957.

(37) APC, Bollettino parrocchiale di Caviola, anno IX, n. 3, novembre 1960; Vazza C., Storia e arte nella chiesa della B. V. della Salute di Caviola, Falcade, 1986.

(38) APC, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa della Beata Vergine della Salute, Lavori di restauro, 1969.

(39) Dai primi di ottobre a marzo, infatti, il freddo non permetteva di ritrovarsi ogni sera in chiesa, bensì il rosario veniva recitato nelle stue delle singole famiglie.

(40) L’orologio era pertanto presente sul campanile di Caviola perlomeno dal 1833.

(41) AAC, Fabbriceria, Salariati, Sagrestani di Caviola, 1833, busta 100. Nel 1789 lo stipendio del sacrestano Antonio Del Din detto Luca ammontava a 72 lire, integrato da 9 lire come compenso per portare il gonfalone della chiesa in processione e 4 lire come compenso per la raccolta delle offerte durante la messa. AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 1, anno 1789, busta 135/6.

(42) AAC, Fabbriceria, Salariati, Sagrestani di Caviola, 1854, busta 100.

(43) Il 5 agosto 1794 la messa fu celebrata da un cappellano, perché l’arciprete era impegnato nella chiesa della Beata Vergine delle Grazie di Garés, la cui sagra cade proprio il 5 agosto. AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 16, anno 1794, busta 135/6.

(44) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 1 anno 1789, busta 135/6.

(45) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti Istitutivi, 1713, p. 17, busta 129/1.

(46) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti Istitutivi, 1713, p. 9, busta 129/1.

(47) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti Istitutivi, 1713, p. 11, busta 129/1.

(48) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti Istitutivi, 1713, p. 23, busta 129/1.

(49) AVBL, Parrocchie, Canale d’Agordo, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, busta 26N/2A.

(50) AAC, Massaria, chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola, Libro dei Conti del massaro 1789-1820, c. 1, anno 1789, busta 135/6.

(51) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Atti Istitutivi, Statuto del mansionario, 1838, busta 129/1.

(52) AAC, Beneficio mansionarile di Caviola, Inventario dei beni della mansioneria, 1899-1900, busta 129/1.

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